Secondo i più recenti dati dell'Organizzazione Moniale della Sanità (OMS) l'inquinamento atmosferico causa nel mondo 7 milioni di morti premature: di questi più di quattro sono imputabili all'inquinamento indoor, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, mentre i restanti sono da attribuire all'inquinamento atmosferico comunemente inteso.

In Europa si stima che le morti premature conseguenti all'inquinamento atmosferico ammontino a 870mila e il particolato fine (le particelle sospese di diametro inferiore ai 2.5 micrometri) continua a rappresentare l'imputato numero uno. Se si considera poi la riduzione della speranza di vita, sempre conseguente all'inquinamento da particolato fine antropico, l'OMS rileva come questa raggiunga i massimi livelli nella Pianura Padana e nell'area attorno al Benelux.

Un nuovo studio, appena pubblicato su Nature, valuta gli effetti sulla salute del particolato fine a livello mondiale, e tramite un modello chimico di trasporto globale, individua differenti sorgenti di PM2.5 presente nell'atmosfera. Il peso relativo delle varie fonti di PM2.5 e dei precursori cambia in funzione della popolazione, delle strutture economiche e produttive, delle tecnologie disponibili ecc.

I risultati che emergono dallo studio consentono di tracciare, a livello mondiale, una sorta di classifica delle principali sorgenti responsabili delle morti premature (di seguito sintetizzata in ordine di importanza).

  1. Utilizzo di energia per scopi commerciali e civili.
  2. Attività agricole e zootecniche (che rilasciano NH3 dagli allevamenti e dall’uso di fertilizzanti; NH3 reagisce in atmosfera, formando particelle di solfato e nitrato d’ammonio).
  3. Produzione di energia.
  4. Attività industriali.
  5. Combustione di biomasse.
  6. Traffico veicolare.

L'importanza di questo nuovo studio consiste nella possibilità per i legislatori di organizzare politiche sempre più mirate di abbattimento dei livelli di PM2.5 a seconda delle sorgenti maggiormente responsabili nelle diverse aree del pianeta.
 


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